GIANDUJA
E IL GRAN TEATRO DEI BURATTINI DEI FRATELLI NIEMEN
di Cinzia Cambareri e Alfonso Cipolla
Gianduja nasce burattino, e nei suoi due secoli di vita, ha avuto storia
lunga e travagliata. Alcuni aspetti del Gianduja originario, quelli più
legati all'immediatezza dell'elemento popolare, sono però ancora
rintracciabili negli spettacoli tradizionali di burattini sopravvissuti
al tempo. Basandosi principalmente sulla memoria orale e sulla prassi
esecutiva, questi spettacoli hanno tramandato caratterizzazioni, giochi
linguistici, e soprattutto il meccanismo di interazione tra la maschera
e i personaggi con cui si relaziona, e le varie storie che attraversa.I
Niemen, antica famiglia circense radicatasi in Piemonte, sono gli ultimi
continuatori di quello che un tempo era indicato come il trattenimento
del Gianduja. Da oltre 150 anni i Niemen portano in scena un repertorio
pressoché inalterato,in cui Gianduja assume un ruolo determinante
e risolutore. Tra i titoli figurano alcuni "classici" del teatro
dei burattini diffusi in tutta l'Italia settentrionale, come L'acqua miracolosa
o II guardiano dei morti, che i Niemen, generazione dopo generazione,
hanno riplasmato sull'immagine della maschera piemontese. Così
il già citato Guardiano dei morti diventa La storia ed la vaca
rossa, ovvero Gianduja guardiano del cimitero di Costantinopoli dove tutta
la vicenda comica s'impernia proprio su quella vacca rossa che Gianduja,
dichiaratamente di stampo contadino, non sa bene a chi sia toccata in
eredità. Irresistibile è la scena in cui a Gianduja,guardiano
suo malgrado del cimitero, compare l'anima della madre defunta: sarebbe
l'elemento sovrannaturale risolutore, ma a Gianduja non interessa tanto
uscire dai guai in cui si ritrova immischiato, quanto piuttosto sapere
a chi debba appartenere in realtà la vacca contesa.Seguendo gli
spostamenti di Eliseo Bruno, che con il suo "Gran Teatro dei Burattini
dei Fratelli Niemen" gira ancora capillarmente il Piemonte e la riviera
ligure, è possibile imbattersi in rappresentazioni che sono veri
e propri reperti, come Cuor di donna, tragedia a forte tinte in cui una
madre uccide il proprio figlio. Si tratta della testimonianza diretta
di come gli spettacoli di burattini in tempi ancora relativamente recenti
fossero rivolti all'intera comunità, senza l'attuale distinzione
tra pubblico adulto e bambini. A quell'epoca, la tragedia spesse volte
veniva interrotta dagli spettatori che, avvinti dall'incalzare della vicenda,
lanciavano oggetti in baracca, cercando cosi di impedire alla madre di
commettere il crimine. A Gianduja in questa tragedia è riservato
il compito di alleggerire la tensione. Il principale meccanismo comico
è quello per cui Gianduja si ritrova coinvolto in una situazione
più grande di lui, che verrà poi risolta con ingenuità,
scaltrezza ed altruismo. Lo spirito popolare, di cui Gianduja è
immagine, confida sempre nella giustizia, se giusti si è stati,
ben sapendo, però, che la giustizia va molto aiutata,con tanto
buon senso e all'occorrenza con qualche colpo di bastone. Cosi Gianduja,
nel "Gran Teatro" dei fratelli Niemen, continua la sua rustica
vita plurisecolare, fedele a se stesso e incurante del tempo di fronte
a valori immutabili. L'aneddotica vuole che i Niemen siano originari dei
territori della Bielorussia e della Lituania. La memoria di famiglia,
tramandata oralmente, racconta che il primo dei Niemen fosse stato addirittura
un giullare alla corte dello zar e che avesse assunto quel nome prendendolo
a prestito dal fiume Niemen che attraversa quelle regioni, sfociando nel
Mar Baltico.La grande famiglia Niemen è composta da burattinai,
giostrai, circensi e artisti di varietà: artisti girovaghi, legati
agli spettacoli di piazza e al nomadismo che ne consegue. La pluralità
dei mestieri esercitati è scelta inevitabile, dato che i Niemen
sono numerosissimi e stringono molteplici legami di parentela con altre
famiglie circensi: i Medini, i De Bianchi, i Caveagna, i Gerardi, i Casertelli,
i Togni... La duttilità professionale è indispensabile per
superare difficoltà contingenti e storiche, e andare incontro alle
nuove esigenze del pubblico. I Niemen, da perfetti conoscitori della "piazza",
hanno saputo all'occorrenza mettere in scena spettacoli con burattini
o marionette (anche contemporaneamente in un'unica baracca), inventare
numeri per il circo oppure in mancanza d'altro agivano come saltimbanchi
nelle osterie, o come narratori nelle stalle dove la gente si radunava
la sera per ascoltare storie fantastiche, che altro non erano poi che
i copioni del loro repertorio raccontati. Lo spettacolo viaggiante è
un mondo a sé. Emma Maria Niemen (classe 1920),decana della famiglia
insieme con Gualberto (classe 1905), parla sempre di "noi" e
degli "altri" a indicare due mondi che convivono paralleli:
quello degli artisti nomadi che vive nei carrozzoni e quello della gente
comune che vive nelle case. L'albero genealogico qui pubblicato testimonia
la complessità degli intrecci familiari, pur essendo limitato alla
sola discendenza di Carlo Niemen, (nonno di Maria), mentre tra i rami
del ceppo antico, qui non sviluppati per motivi di spazio, si risale ad
Alessandro Niemen (nonno di Gualberto e fratello di Carlo).Le origini
italiane della famiglia rimangono legate alla zona del vercellese, dove
tuttora vive, ogogliosamente in un carrozzone, Emma Maria Niemen. E proprio
dell'indole nomade lo stanziarsi in luoghi differenti, per motivi di lavoro
e per cause storiche contingenti. Infatti Emma Maria - madre di Eliseo
Bruno, ultimo a tramandare la tradizione burattinesca della famiglia insieme
alla sorella Giuliana - si trovava a Monteu Roero nel cuneese quando nel
1944 sposò suo cugino Edoardo, entrambi sfollati a causa della
guerra: un matrimonio fra consanguinei non è cosi insolito nelle
famiglie di burattinai e di circensi, proprio per i continui spostamenti
e i pochi legami che in un breve arco di tempo potevano stabilire con
i residenti delle varie piazze battute. Sempre nel periodo della guerra
Salvatore Niemen è costretto ad adottare il nome d'arte di "Ferruccio
Rumba": erano talmente tanti i Niemen a fare spettacolo che il cambio
di nome diventava d'obbligo per sfruttare meglio le piazze. Dal 1948 Salvatore
giunge a Torino con la sua arena stabile, ma continuerà a lavorare
anche in Liguria e Valle d'Aosta: le stesse zone ancora oggi frequentate
nel periodo estivo da Eliseo Bruno. I Niemen propongono ancora un'attività
burattinesca poliedrica legata alla piazza esattamente come un secolo
fa. La piazza, infatti, era un eccezionale luogo di confronto, umano e
artistico: gli stessi spettacoli venivano memorizzati, a volte modificati
e replicati da compagnie diverse, dal cui contatto nasceva un diffuso
scambio di materiali come marionette, burattini, fondali e copioni. Tra
il materiale conservato da Eliseo Bruno si trovano burattini dei Canardi,
copioni dei Burzio, dei Marengo, dei Gambarutti, fondali di Perozzi e
di Baldi accanto a quelli del cugino Gualberto, forse l'artista più
poliedrico tra i Niemen, inventore nel 1921 del personaggio di Testatina,
l'ingenuo compagno di Gianduja.Ma sulla piazza agiscono anche altre dinamiche.
Jolanda Niemen, figlia di Salvatore, ricorda come tra famiglie circensi
o di burattinai vigesse una sorta di tacito mutuo soccorso; ne è
un esempio la cartolina inviata al padre da Enrico Lupi nel 1951. La compagnia
Lupi, la più grande impresa italiana di marionette, fu vittima
nel 1939 di una speculazione edilizia che gli sottrasse il loro storico
teatro, così Enrico Lupi fu costretto a ritirarsi a Montafìa,
prima come sfollato, poi come unica alternativa all'indigenza. La grande
dignità di Enrico Lupi non gli permetteva di ricevere aiuti, così
Salvatore Niemen pensò di commissionargli alcuni fondali, che avrebbe
ricambiato con generi di prima necessità. La cartolina ricorda
quello scambio. Significativo è l'indirizzo «Egr. amico Salvator
Niemen e gentil Signora. Burattini Artistici. Carovana presso laTettoja,
Chieri»: in quella scritta si concentra la differenza tra i due
mondi: da un lato i grandi marionettisti di città, dall'altro gli
umili burattinai girovaghi, distanti nel modo di concepire gli spettacoli
e l'impresa, ma vicini nella solidarietà del mestiere. Eliseo Bruno
con i suoi burattini nelle piazze e Jolanda, sua cugina, con i suoi vividi
racconti, sono gli ultimi a conservare la memoria di un'arte e di una
tradizione che purtroppo non sarà tramandata. Infatti l'attività
di Jolanda finisce nella stagione 1983-84 quando suo padre Salvatore,
per motivi di salute, cede il teatro dei burattini ad Eliseo Bruno che,
con un po' di malinconia, fa intuire che nessuno erediterà il suo
mestiere, perché mancano apprendisti che desiderino imparare, come
è successo a lui attraverso gli zii e il fratello Armando. Rimane
il desiderio di tramandare questo patrimonio o almeno di conservare e
far conoscere i preziosi materiali storici custoditi dalla famiglia Niemen,
gli ultimi burattinai di tradizione che custodiscono la sapienza di Gianduja.